Ganzirri, il Peloro e lo Stretto di Messina
Il sito della riviera Nord di Messina, da Paradiso a Rodia

Ganzirri, Torre Faro, Capo Peloro: splendide località turistiche situate nella cuspide nord-orientale della Sicilia, dove sembra lentamente riemergere dalle acque la lunga catena appenninica. E’ un luogo di grande fascino, sempre immerso in una straordinaria luce. Confusa fra terra e acque, con i singolari laghetti di Ganzirri, la sua estremità individua la linea di demarcazione fra Tirreno e Ionio, vicinissima alla costa calabra e caratterizzata dall’alto metallico traliccio, entrato a far parte del paesaggio. Due litorali ne definiscono i margini, il primo sulle rive dello Stretto dove si allunga l’abitato di Messina, l’altro, a nord, presenta le spiagge più densamente popolate d’estate. Sui colli, vecchi casali conservano talvolta inimmaginati tesori d’arte.

Località Curcuraci
Articolo pubblicato online il 7 novembre 2007
Ultima modifica il 16 novembre 2007
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Fino al 2005 appartenente al quartiere messinese XI "Peloro" attualmente inglobata nella VI Circoscrizione.
Parrocchia: S. Maria dei Bianchi.

Data di erezione della Parrocchia: 24.5.1924;

Date delle prime registrazioni:

-  nei registri dei battesimi: 5.4.1677.

-  nei registri dei matrimoni: 27.7.1670.

-  nei registri dei defunti: 9.3.1722

Abitanti:
nel 1593 : 10(fonte Ferrarono)
nel 1737 : 412 ( Di Pasquale compreso il territorio di Pace)
nel 1757 : 412 (Amico)
nel 1840 : 582 (La Farina)
nel 1963 : 500 (Archidiocesi)
nel 1991 : 900 (Curia)

Chiese:

Madonna dei Bianchi (parrocchiale),
santuario Madonna della Guardia (oratorio semipubblico),
chiesa S. Giuseppe.

NOTIZIE

Un alberghetto situato su di un poggio all’inizio del casale, prima del terremoto del 1908, portava il nome di LA SVIZZERA DI MESSINA, un nome che, per verità, era attribuito a tutto il territorio di Curcuraci, del Faro e delle Masse, come attesta la vecchia guida di MESSINA E DINTORNI.
Ma se ne appropriava in modo particolare Curcuraci, che si adagia su di un costone tra l’Ionio e il Tirreno, nel mezzo di campagne ricche di foreste, dall’aria mite, moderatamente ventilata, rallegrato da splendide vedute sui laghi di Ganzirri e sullo Stretto, generoso di acque potabili, ricercate per la loro purezza e salubrità. Perciò meta tra le più frequentate per i soggiorni estivi dei Messinesi, che a tale scopo hanno costruito numerose e nitide villette che occhieggiano tra il verde intenso e che, nel periodo estivo, fanno più che raddoppiare la popolazione presente.
Ma proprio per la stessa posizione panoramica delle sue alture, dalle quali l’occhio spazia sui due mari, in ogni tempo è stato anche considerato come punto strategico di grande importanza e fatto centro di campi fortificati e di posti di osservazione militare; anzi lo stesso nome di Curcuraci lo si fa derivare dalla composizione della parola araba kurkur (= territorio) con quella latina acies ( = fortezza ), per significare "territorio fortificato".
Dalle colline di Curcuraci fu dato l’allarme a Messina, nel cui porto si trovavano le navi romane di Caio Duilio, sulla presenza delle navi cartaginesi durante la prima guerra punica ( 246 a.c.). Inoltre, la zona, fin dall’antichità si chiamava " Piano dei Campi ", dove si faceva il "campo" per le esercitazioni militari.
Gli storici ricordano la generosa partecipazione degli abitanti alla difesa dell’isola, accanto agli Inglesi e, insieme con gli abitanti degli altri casali, contro i Napoleonici di Gioacchino Murat, che dopo avere cacciato i Borboni dal Regno di Napoli, si preparavano anche alla conquista della Sicilia.
Abbiamo altrove accennato a questa collaborazione da parte degli abitanti dei casali con gli Inglesi, alleati dei Borboni, ma a Curcuraci essa fu più intensa, perchè più numerosi erano gli acquartierati che avevano il loro punto di forza nel cosiddetto

- "Campo Inglese", ribattezzato in periodo fascita in "Campo Italia".

Il Sac. Antonino Torre, nella sua pubblicazione su Curcuraci, riferisce, a questo proposito, cose molte interessanti, come il battesimo di figli di militari inglesi con la scelta di padrini del luogo; ai soldati, infatti, era stato concesso di far venire qui le mogli, che trovarono buona accoglienza e ospitalità tra i naturali.
Essendo posizione ottimale per osservare e controllare i movimenti nel mare Tirreno e nello stretto di Messsina vi furono costruiti altri fortini

- "Serra la Croce ";

- "Masotto";

- "Menaia" o "Forte Crispi";

In passato il territorio del casale e della sua parrocchia si estendevano sino al torrente Annunziata, alle porte della città, e solo quando fu concessa alla chiesa del villaggio Pace l’autonomia parrocchiale, la riviera fu staccata da Curcuraci. Ciò avvenne nel 1819. Il Torre, che per essere parroco di Curcuraci, ha sotto mano l’archivio parrocchiale, nel suo citato libro pubblica l’accordo stipulato il 7 febbraio di quell’anno tra i rappresentanti delle chiese di Curcuraci e di Pace, accordo con il quale fu sancita l’autonomia di quest’ultima.

LA TRADIZIONE DELLA MADONNA DEI BIANCHI

Ma l’avvenimento più importante che riguarda la storia e le tradizioni di questo casale e che dà il nome alla parte più cospicua dell’abitato, lo racconta Placido Samperi, il quale lo raccolse dall’abate Silvestro Maurolico, che a sua volta l’aveva appreso dallo zio, il celebre Francesco Maurolico. Esso riguarda la Patrona del casale. S. Maria dei Bianchi e Bianchi è appunto il nome del quartiere principale. Su questo avvenimento si intrattiene a lungo anche Caio Domenico Gallo.
Un bifolco stava arando la terra quando gli si fece incontro, sotto le spoglie di un pellegrino, Gesù, che gli diede tre pani e gli ordinò di gettarli nel vicino torrente. Il contadino si avviò per eseguire l’ordine, ma ecco gli venne incontro la Madonna, in abito bianco, e lo persuase a tornare dal pellegrino, perchè quei pani da gettare erano il simbolo di tre grandi beni che sarebbero venuti meno a causa di altrettante gravissime punizioni che incombevano sulla città di Messina: la peste, la carestia e la guerra, punizioni ben meritate a causa dei cattivi comportamenti dei cittadini.
Il "pellegrino" rimase indignato della disobbedienza del bifolco e di nuovo gli ingiunse di gettare i pani nel torrente. Ebbe appena il tempo di gettare il primo pane che sopraggiunse la "Bianca Signora" la quale gli ingiunse di andare dall’Arcivescovo per pregarlo di ordinare una penitenza generale, mentre essa, la Madonna, avrebbe supplicato il Figlio per i Messinesi. La penitenza fu eseguita e dei tre castighi solo il primo, la peste, piombò sulla città, forse la peste del 1347.
Un episodio, come si vede, strano, in linea con la cultura e la mentalità del tempo in cui sarebbe avvenuto (sec. XIV), ma che comunque fece storia.
A Curcuraci, nel luogo dell’apparizione, fu eretta una chiesa e l’immagine della Madonna, vestita di bianco, con il segno della penitenza in mano, il flagello, ebbe larghissima diffusione: si venerava a Messina in varie chiese, ma anche in alcune zone della penisola italiana e all’estero. Ciò fa pensare che la tradizione messinese abbia potuto attingere da analoghi racconti, conosciuti a Genova, in Provenza, in Inghilterra, in Spagna e altrove. Ma il Gallo difende gagliardamente l’autenticità del racconto dedicandogli numerose pagine e anche il Torre fa dipendere da Curcuraci la diffusione del culto della Madonna dei Bianchi.

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