Ganzirri, Torre Faro, Capo Peloro: splendide località turistiche situate nella cuspide nord-orientale della Sicilia, dove sembra lentamente riemergere dalle acque la lunga catena appenninica. E’ un luogo di grande fascino, sempre immerso in una straordinaria luce. Confusa fra terra e acque, con i singolari laghetti di Ganzirri, la sua estremità individua la linea di demarcazione fra Tirreno e Ionio, vicinissima alla costa calabra e caratterizzata dall’alto metallico traliccio, entrato a far parte del paesaggio. Due litorali ne definiscono i margini, il primo sulle rive dello Stretto dove si allunga l’abitato di Messina, l’altro, a nord, presenta le spiagge più densamente popolate d’estate. Sui colli, vecchi casali conservano talvolta inimmaginati tesori d’arte.
Antonello d’Antonio nasce a Messina presumibilmente verso il 1425-1430 da Giovanni d’Antonio magister mazonus, cioè scalpellino o marmoraro, e da Garita (Margherita?). Confuse e incerte le notizie della sua vita riferite dal Vasari - che ne supponeva tra l’altro un viaggio nelle Fiandre e un incontro, impossibile sul piano cronologico, con Jan van Eyck - e dalle fonti meridionali. Solo grazie alle ricerche archivistiche condotte tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento dal Di Marzo e dal La Corte Cailler è stato possibile ricostruire la biografia del pittore e un primo corpus di opere certe, punto di partenza imprescindibile per gli studi successivi.
Tramontate ormai le ipotesi di un iniziale soggiorno a Palermo o in Lombardia, sulla traccia della ben nota lettera del 1524 scritta dall’umanista napoletano Pietro Summonte al veneziano Marcantonio Michiel, la formazione artistica di Antonello si colloca a Napoli, negli anni tra il 1445 e il ’55, nella bottega di Colantonio e in un ambiente culturale aperto a esperienze fiamminghe, spagnole e provenzali. Nel 1457 Antonello è già un maestro autonomo a capo di un’avviata bottega, come attesta un documento del 5 marzo in cui il pittore si impegnava a dipingere un gonfalone per la confraternita di S. Michele dei Gerbini di Reggio Calabria, in tutto simile ad un altro da lui già eseguito per la confraternita di S. Michele di Messina, entrambi perduti. Certamente prima del 1460 è stato ipotizzato dalla critica un suo viaggio a Roma, dove sarebbe entrato in contatto con la lezione del Beato Angelico e di Piero della Francesca.
Dal 1460 infatti - quando il padre noleggia un brigantino per prelevare "magister Antonellus" e la sua famiglia ad Amantea, in Calabria, e ricondurlo a Messina - fino al 1465, numerose carte d’archivio, in gran parte atti dì commissione per dipinti oggi perduti, documentano la sua attiva presenza nella città natale. Successivamente, la mancanza di notizie dal 1465 al 71 ha fatto supporre un altro soggiorno continentale e una conoscenza diretta dell’arte di Piero della Francesca, in linea con i risultati raggiunti nelle opere databili dopo il 1470. Dal 1471 al 74 un nuovo documentato periodo di intensa attività a Messina e nella Sicilia orientale: per citare solo i dipinti più noti di quegli anni, nel 1473 firma il Polittico di San Gregorio, oggi al Museo Regionale di Messina, l’anno seguente gli viene commissionata un’Annunciazione per la Chiesa dell’Annunziata di Palazzolo Acreide, ora nella Galleria Regionale di Palazzo Bellomo di Siracusa.
Poi nel 1475 e fino ai primi mesi del 76, Antonello soggiorna a Venezia. Oltre ai dipinti riferibili con certezza a quel periodo, lo attesta una lettera scritta nel 1475 da Matteo Colazio ad Antonio degli Adinolfi, nella quale Antonello risulta impegnato in quei mesi a dipingere la pala dì San Cassiano; notizia confermata anche in un’altra lettera che il committente dei dipinto, Pietro Bon, invia il 16 marzo 1476 al duca di Milano Galeazzo Maria Sforza, pregandolo di permettere che il pittore siciliano, prima di recarsi al suo servizio quale ritrattista di corte, possa completare l’opera ormai "avanzatissima" che. ultimata, sarà "de le più excelenti opere di pennello che habia Italia e fuor d’Italia".
Dopo un’ipotetica breve tappa milanese, forse già prima del settembre 1476 il ritorno definitivo a Messina, dove risulta attivo negli ultimi anni di vita. Difatti, nel settembre di quell’anno consegna l’ultima parte della dote della figlia Caterinella, giusto l’impegno preso con il genero Bernardo Casalaina nel contratto nuziale stipulalo nel 1473, Il 20 giugno 1477, assieme al cognato, l’intagliatore Giovanni de Saliba, si impegna a dipingere un gonfalone, oggi perduto, per la Chiesa dell’Annunziata di Ficarra (Messina) e riceve un pagamento dai giurati di Catania per alcuni "beneficii" da lui eseguiti per la Cattedrale; il 5 novembre 1478, gli viene commissionato uno stendardo per Ruggero De Luca di Randazzo, che tuttavia, così come altri dipinti citati nei documenti, verrà ultimato dopo la sua morte dal figlio Jacobello, erede dei beni e della bottega paterna.
Non si conosce la data esatta della morte di Antonello, avvenuta comunque tra il 14 febbraio 1479, quando "infirmus iacens in lecto" detta le sue ultime volontà, e l’11 maggio dello stesso anno, che è la data di apertura del testamento.
di Gioacchino Barbera
Per approfondimenti: Wikipedia